Riporto un articolo da me scritto qualche mese fa sul tema del velo integrale. Mi spiace che l'immagine non si veda.
La società odierna è
sempre più multietnica. Occidente e Oriente sono in continuo contatto e
numerose masse di popolazione emigrano da una parte all’altra del mondo,
soprattutto dal Medio Oriente verso l’Europa. L’immigrazione controllata e
legale è sicuramente una fonte di ricchezza per il paese ospitante, spesso però
la convivenza tra culture tradizionalmente diverse porta a delle problematiche
di difficile soluzione che dividono l’opinione pubblica. Una di queste è il diritto
di poter circolare in luoghi pubblici con il niqab (o burqa), ossia il
velo integrale, per le donne musulmane. A seguito del terrorismo fondamentalista
islamico, alcuni paesi europei, come la Francia, hanno deciso di vietarne l’uso
nei luoghi pubblici, mentre altri, come l’Inghilterra, hanno deciso di non
adottare questo provvedimento lasciando libertà di scelta ai propri cittadini.
In questi paesi la percentuale di abitanti islamici è elevata rispetto
all’Italia, dove le donne col velo integrale non arrivano a cinquanta; nonostante
ciò, nella penisola nostrana è un tema piuttosto sentito. In Italia vige il
divieto di circolare col volto coperto a meno di un giustificato motivo e
quello culturale è considerato un giustificato motivo.
Ci
sono alcuni aspetti di questo tema da dover tenere in considerazione per eseguire
un’analisi lucida del problema prima di potersi sbilanciare.
Innanzitutto la maggior parte dei fedeli musulmani sono contrari al niqab perché non è menzionato nel
Corano. In secondo luogo le donne che lo indossano non sono obbligate a farlo
(salvo ovviamente eccezioni o alcune sette integraliste mediorientali); in
realtà, il più delle volte, vengono obbligate a toglierlo perché le
famiglie
sono contrarie. Un altro fatto da tenere in considerazione è la diversa cultura
collettiva degli stessi paesi ospitanti. Secondo gli inglesi, infatti, sarebbe
impensabile proibire ad una persona di indossare il velo integrale, in quanto
lederebbe la sua libertà. In Francia invece, è in corso da tempo un processo di
secolarizzazione della società, quindi proibire il niqab o il burqa, considerati
elementi di culto, nei luoghi pubblici è perfettamente in linea con il loro
pensiero, la legge infatti vieta qualsiasi segno religioso.
Bisogna
sottolineare che in Francia, nonostante il divieto (in vigore dal 2011), il
numero delle donne che indossano il velo integrale non è diminuito di un numero
significante. Le proteste, a volte purtroppo anche violente, non si sono fatte attendere.
Nel 2014, la Corte europea ha respinto il ricorso contro la suddetta legge
sostenendo che non viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Partendo
da queste premesse si potrebbe provare a fare qualche ragionamento, tenendo in
considerazione che una giusta soluzione probabilmente non esiste, visto che
anche i due paesi pionieri dell’occidentalizzazione sono su due linee di
pensiero diametralmente opposte.
Lo
Stato ha sicuramente il diritto di sapere chi circola sul proprio suolo
pubblico e oggettivamente il velo integrale è un impedimento al riconoscimento.
Detto ciò, privare a un soggetto di poter praticare la propria fede come meglio
preferisce (senza andare a ledere la libertà altrui), sembra una forzatura,
soprattutto in un paese che si definisce democratico. La legge che vige in
Italia pare probabilmente la più democratica, salvo ovviamente l’obbligo di riconoscibilità
quando ve ne sia la necessità o comunque di fronte ad un ufficiale pubblico.
Il
processo di secolarizzazione della società francese, che mira alla completa
laicizzazione dello Stato, è giustissimo sotto ogni punto di vista teorico.
Nella pratica però, uno Stato che si definisce laico deve garantire uguali
trattamenti alle diverse comunità religiose presenti sul suo suolo. Con questa
legge, ad una minoranza della comunità musulmana, viene negato un loro diritto.
I luoghi pubblici devono essere giustamente “ripuliti” da segni e simboli
religiosi, ma le persone che li frequentano dovrebbero poter continuare ad
essere cristiane, musulmane, ebre, induiste e ecc. senza dover nascondere il
proprio Credo e la propria Fede.
Molto
spesso questo tema viene trattato con paura, scetticismo e anche stereotipi. La
convinzione più comune è quella, già accennata, della non scelta di queste
donne. Agli occhi di una persona occidentale risulta difficile che una donna
possa indossare il velo integrale di sua spontanea volontà. I dati però
smentiscono questa diceria. Difficilmente si può essere favorevoli a questo
estremismo religioso, poiché anche il ramo dell’Islam moderato e con più fedeli
è contrario. Nonostante questo, si può tranquillamente essere in disaccordo con
queste donne ma rispettare la loro scelta.
I
pregiudizi occidentali vengono posti a un livello più importante rispetto alla
fede, seppur estremizzata, di una minoranza religiosa.
La
paura più grande dell’Occidente è quella degli attacchi terroristici: il viso
coperto e quindi la conseguente impossibilità di un veloce riconoscimento in una
situazione immediata, piuttosto che da una telecamera, potrebbe favorire i
fondamentalisti islamici. Questa paura è chiaramente fondata e giustificata, e
le società occidentali (ma non solo, anche i paesi islamici sono molto spesso
nel mirino dei terroristi fondamentalisti) hanno il diritto e il dovere di difendersi.
Non risulta però che la scelta tra imporre il divieto per il velo integrale o
meno sia proporzionale agli attacchi terroristici, proprio perché non risultano
collegamenti tra le donne utilizzatrici del niqab
e del burqa e gli integralisti. Gli
attacchi continuano indifferentemente da tutto ciò.
Secondo
molti, il viso coperto è una mancanza di rispetto verso l’altro interlocutore
durante un dialogo, il variare delle espressioni del viso mostra il nostro
grado d’interesse. Verissimo, ma questo non sembra sufficiente per poter
obbligare una persona a privarsi di una sua convinzione religiosa di infinita
importanza.
Secondo
altri la libertà di poter circolare con il viso coperto è un serio ostacolo
all’integrazione. Probabilmente è così, ma una migliore conoscenza della fede
musulmana, da parte della società occidentale, favorirebbe maggiormente la
convivenza di queste due realtà e si scoprirebbe che i punti in comune sono
maggiori rispetto a quelli contrastanti. Conseguentemente a questo, la società,
ripulita da pregiudizi e stereotipi, riuscirebbe ad accettare e rispettare la
scelta di queste donne: accettare e rispettare, senza doverla obbligatoriamente
condividerla.
Marco Petruolo